Proseguiamo la nostra galleria di “Gente di Carattere” con il più grande tipografo artistico italiano: Aldo Manuzio.
Se il tedesco Johannes Gutenberg ha inventato la stampa a caratteri mobili, è stato l’italiano Aldo Manuzio a trasformare questa tecnica rivoluzionaria in una vera e propria forma d’arte. Un’arte tutta italana, o per meglio dire “Italic”: è proprio a Manuzio e al suo lavoro che è ispirato il modo internazionale di chiamare il carattere corsivo.
L’obiettivo di Aldus Mannucius, così si firmava nei primi documenti, era quello di rendere la tipografia non solo pratica ma anche esteticamente bella, cioè rispettosa di armonia e proporzione fra le lettere e gli spazi, preziosa e curata nella lavorazione grafica dei singoli caratteri.
Nel 1501 chiese all’incisore Francesco Griffo di creare un carattere ispirato ai caratteri greci e latini con cui stampare una collana di libri. Manuzio infatti era molto interessato al mondo classico, e il suo desiderio di stampare testi in lingua greca nasceva dalla convinzione che la traduzione di questi capolavori della cultura occidentale ne potesse falsare il senso.
Lo studio dei classici aveva caratterizzato la sua formazione giovanile, quando si trovava a Roma con il suo amico Pico della Mirandola, che divenne poi il suo primo finanziatore per le prime opere stampate. Nel 1502, fondò a Venezia, dove si era trasferito da poco, l’Accademia Aldina, formata da intellettuali come Erasmo da Rotterdam o Pietro Bembo; questa accademia era focalizzata proprio sullo studio dei classici greci e serviva inoltre a proteggere gli intellettuali scappati da Bisanzio dopo la caduta dell’Impero Romano d’Oriente.
Il capolavoro editoriale e tipografico è senza dubbio Hypnerotomachia Poliphili, famoso per le sue sue stupende xilografie attribuite a Mantegna. Stampato nella tipografia di Manuzio in volgare, discostandosi quindi dalle classiche pubblicazioni della sua tipografia, questo volume utilizza il carattere Bembo con cui Manuzio aveva stampato il primo volume edito dalla sua tipografia, una raccolta degli scritti dell’amico poeta.
Come abbiamo già accennato parlando della rilegatura in un altro post, la necessità di creare dei volumi più maneggevoli ed economici si è presentata proprio durante l’epoca rinascimentale: Manuzio ha risolto questo problema creando il formato “in-ottavo”, decisamente più pratico rispetto ai volumi “in folio” o “in quarto”.
Un altro importante dono che dobbiamo a Manuzio è la codifica dell’uso dei segni di interpunzione: egli, infatti, specificò l’uso del punto come fine del periodo, ridefinì l’uso della virgola, dell’accento e dell’apostrofo e, come se non bastasse, inventò anche il punto e virgola.
Aldo Manuzio morì nel 1515 lasciando la sua tipografia ai figli e al suocero che continuarono la sua impresa.
Questo grande tipografo ha lasciato un’enorme eredità al nostro tempo, innovando la tipografia italiana e mondiale.
In tempi moderni, uno dei più grandi ammiratori dell’opera di Aldo Manuzio è stato Umberto Eco: appassionato bibliofilo, portava spesso con sé agli incontri pubblici la sua preziosa edizione aldina (si chiamano così i libri di Manuzio nel gergo degli appassionati di libri storici) della Hypnerotomachia Poliphili, cui aveva riservato una parte importante anche nel suo romanzo “La misteriosa fiamma della regina Loana”.
Perché i libri, specialmente quelli fatti bene, continuano a dialogare fra loro e con il pubblico anche secoli dopo che sono stati stampati.