Quest’anno c’è un motivo in più per andare a visitare “Under the Bamboo Tree”, l’evento annuale interamente dedicata al bambù, pianta dalla mille virtù e materia prima del Labirinto del Masone a Fontanellato (PR): la visita alla manifestazione potrà essere, infatti, un modo per rendere omaggio all’ideatore e realizzatore di questa utopia verde, Franco Maria Ricci, un uomo nel cui talento è sempre stato facile perdersi, passando dalla sua attività di designer a quella di raffinato editore per arrivare alla competenza e all’eleganza del collezionista.
Scomparso a 83 anni nel settembre di questo anno così difficile FMR, come spesso veniva chiamato utilizzando le lettere del suo monogramma che trionfava in testa ai suoi libri preziosi e alla sua elegante rivista, ha saputo essere un unicum nel panorama culturale italiano: in un suo scritto che ne presenta l’attività di grafico, Vittorio Sgarbi gli rende omaggio ricordanco come “Senza rinunciare ai suoi gusti, eccentrici, aristocratici e sofisticati, ha destato il naturale e universale consenso per la bellezza che è in tutti gli uomini”.
Nella sua attività di designer è sempre stato guidato dalla convinzione che “la creazione di un marchio è un fatto culturale. È filosofia. Non è emozione, come in pittura. Un marchio valido non si lega a una tendenza effimera, deve possedere un’enorme adattabilità, valenze infinite. Deve mantenere intatto il suo valore, il suo carattere”.
Un pensiero che ha preso forma sia nei logo che ha creato per grandi aziende italiane, come la fabbrica di cucine SCIC, sia nei famosi biglietti creati per Alitalia nei primi anni novanta, e ovviamente nel già citato monogramma riprrodotto sulle sue opere editoriali. Il suo primo, grande capolavoro nella veste di editore è stata la ristampa in 900 copie numerate del manuale tipografico di G.B. Bodoni, il padre nobile della tipografia italiana cui abbiamo già dedicato un post del nostro blog, cui seguì nel 1970 la ristampa della “Encyclopedie” di Diderot e D’Alambert che aveva dato il via al secolo dei lumi. Si trattava di 12 volumi in facsimile per le tavole, 5 per i testi e uno di presentazione e studio introdotto da Borges con testi di Barthes, Venturi, Jacques Proust. Anche l’idea commerciale rispecchiava l’originale: come fecero gli autori nel settecento, Ricci consegnò ai sottoscrittori quattro o cinque volumi all’anno di questo capolavoro. Con la stessa cura per ogni dettaglio Franco Maria Ricci creò poi tutti i libri del suo prezioso e originale catalogo, costellato di scelte del tutto originali e capaci di essere nobilmente fuori moda o, meglio, fuori dalle mode. I suoi interessi, e quindi le sue pubblicazioni, consentivano al lettore di perdersi come in un labirinto, non a caso una delle ossessioni culturali per un uomo che come ha detto G. Sissa (Encyclopaedia Universalis, 1986) sapeva “mettere le cose più disparate in serie, liste e tassonomie dalle quali però l’originalità si sprigiona a ogni passo e crea il desiderio di andare più in là”.
Passare una pausa pranzo nella sua libreria di Via Durini a Milano era per molti creativi di quella Milano che, ora chiamata con disprezzo “Milano da bere”, costituiva un punto di riferimento non solo italiano per la moda, l’arte, il design e la comunicazione intese come ricerca della bellezza. Nella sala ovattata, assistiti dall’eleganza e dalla voce roca di una custode che definire semplicemente commessa sarebbe stato un insulto, era bello perdersi fra titoli suggestivi come il misterioso “Codex Seraphinianus” con immagini inconsuete spiegata da diascalie in una lingua misteriosa e forse inesistente, fra le riscoperte di illustratori come René Gruau e i titoli della collana “La biblioteca di Babele” selezionati in collaborazione con Jorge Louis Borges. Per non parlare del piacere tattile ed estetico che si provava, una volta arrivati a casa, nell’aprire i cofanetti che contenevano quelle preziose pubblicazioni, nell’accarezzare le copertine rigide di tela nera con le eleganti lavorazioni in oro sulla copertina e sul dorso, nello sfiorare la preziosa e caratteristica carta azzurrina vergata a mano su cui le venivano applicate le immagini, riprodotte con estrema attenzione ai cromatismi originali.
Nel 1982 l’eleganza e la preziosità di queste vere e proprie opere d’arte editoriali riuscirono a trasferirsi nella rivista FMR che dietro l’aspetto e il contenuto sofisticato da rivista d’Élite, e sicuramente lo era per contenuti e scelte editoriali, era assolutamente popolare fino a diventare diffusa come nessuna altra rivista d’arte al mondo. L’arte, del resto, era l’elemento in cui Franco Maria Ricci si muoveva completamente a suo agio, con interessi eclettici come quelli di un Signore rinascimentale uniti dal tratto riconoscibile in ogni scelta, dai dipinti di Carracci e Ligabue alle sculture di Wildt alle tempere di Erté Questa collezione d’arte, un vero piacere per gli occhi e per la mente di chi la visita, è ospitata negli edifici che custodiscono, come una città fortificata, il labirinto di Bambù che con la sua flessibilità, leggerezza e soprattutto il suo mistero continua a rendere omaggio a una personalità rimasta unica nel panorama culturale e editoriale italiano.