Umani a Milano per gli homeless di Progetto Arca: un progetto che si muove dalla rete alla stampa, dalla fotografia al reading per aiutarci ad aprire gli occhi su una realtà che spesso si cerca di dimenticare.
Non li vediamo mai, o meglio non ci facciamo caso o guardiamo dall’altra parte. A volte siamo di fretta, a volte ci fanno un po’ schifo, a volte ci confortiamo pensando che è stata una loro scelta. Ma nessuno che stia bene e abbia una qualche alternativa sceglierebbe mai di vivere e dormire per strada. Così preferiamo pensare che gli homeless facciano parte del paesaggio, come le panchine su cui dormono o le fontane dove si lavano.
Le loro vite però non sono virtuali, non sono personaggi di qualche gioco di realtà aumentata: dietro ognuno di loro c’è una storia che vale la pena di essere raccontata. Stefano D’Andrea lo ha fatto creando per Progetto Arca, la onlus che si occupa di dare un tetto e assistenza a queste persone, uno spin-off del suo progetto “Umani a Milano” con cui da tempo ritrae con fotografie e brevi frasi ricche di vita i volti delle persone che incontra fra le strade della città. “Li vedevo spesso stazionare nella mia vita, questi Umani a Milano, e così ho pensato che il modo migliore per aiutarli, o almeno quello che riuscivo a fare io, era raccontare le storie di come si arriva a vivere come loro”. Così Stefano ha iniziato a fotografare loro, i senza tetto di Milano aiutati da Progetto Arca, in una serie di ritratti in bianco e nero senza nome, perché se non hai una casa e non hai un indirizzo anche il nome non è importante, ma con tante storie che proprio grazie a questo anonimato diventano universali.
Come quella di Settantuno: “Per fortuna non ho mai dovuto dormire per strada, anche perché la mia salute non è buona e trovare lavoro è difficile come e quanto vivere al gelo. Passo le notti nei dormitori da oltre sei anni, per fortuna. Ne ho settantuno”. Oppure “Carne” che dopo aver perso la famiglia, un lavoro rispettabile e la casa finisce a vivere per strada o, meglio, a viverla: “Sai, ci sono due modi di vivere la strada: o ci cammini sopra o diventi la strada. Io in questi due anni ho preferito camminarci sopra e non farmi mangiare da lei”. Poi c’è “Loro” che arriva dal Gambia“ perché lì c’è casino politico”. A Milano ha incontrato la donna che sarebbe diventata sua moglie, ed è anche diventato padre, e il suo mondo sono questi rapporti: “Io dormo in questo centro di Progetto Arca, mia moglie e mio figlio vicino a Piazza Firenze. Loro ci sono, il resto non lo so.”
Il senso profondo di queste storie ce lo riassume Stefano D’Andrea: “Lo scopo di Umani a Milano è di ridurre le distanze, spezzare il vuoto che c’è tra le persone che si incrociano sui marciapiedi ogni giorno. Si ha meno paura degli altri se ci hai parlato”. E per diminuire il senso di estraneità, le storie raccontate negli effimeri post di una pagina Facebook si sono declinati nel tempo in forme differenti ma sempre perfettamente coerenti con l’obiettivo principale della narrazione: condividere storie per rendere concrete persone normalmente invisibili.
Edito da Gribaudo Editore, il libro “Umani a Milano” raccoglie 60 delle storie e delle immagini raccolte da Stefano in decine di ore di incontro che hanno ridato corpo e voce a questi invisibili e a chi li aiuta. Fra le testimonianze e i ritratti, infatti, ci sono anche quelli dei volontari dell’associazione. Come “Io”, che dal confronto con queste esistenze ai margini ha imparato a guardare la vita con occhi diversi: “Sono volontario e ovunque mi mandino faccio quel che devo e sono sempre contento. L’esperienza più forte e bella è stata al mezzanino della Stazione Centrale, la sera. Il contatto con la gente di strada, vedere i problemi degli altri e scoprire che avrebbero potuto essere i tuoi: sono esperienze che ti aiutano a ridimensionare i pensieri e valorizzare quello che hai”.
Il libro è stato presentato a Palazzo Marino nell’ambito dei festeggiamenti per il 25° anniversario di Progetto Arca, e ora è diventato una mostra di pannelli fotografici, visitabile fino al 30 giugno nel chiostro dell’Abbazia di Mirasole a Opera (MI) e inserita nel circuito della Milano Photo Week. Perché quando un contenuto ha la forza della verità, ed è trattato in maniera coerente, può migrare da un media all’altro trasfigurandosi forse, ma lasciando intatto il potenziale eversivo che solo la realtà può avere.
Così, di migrazione in migrazione, il progetto è tornato alle radici stesse della narrazione, la parola raccontata: in una serata organizzata in un locale della Martesana, Stefano D’Andrea e Bianca Borriello, sua complice nella creazione di contenuti con CMF-Storytelling, hanno letto le storie di queste persone facendosi accompagnare dalla musica discreta degli EUF. Per una sera, anche in senso letterale i riflettori sono stati puntati su quelle microstorie marginali che, passo dopo passo, aiutano i loro protagonisti a uscire dall’oscurità. E si tratta, come dice il presidente di Progetto ARCA Alberto Sinigallia, di “centinaia, migliaia di vite che si intrecciano alle nostre, ognuna con talenti e difficoltà propri, emozioni uniche, timori e speranze. Tutte però hanno in comune la dignità e il rispetto”. Ecco, dal web possono nascere anche cose come questa.